giovedì 8 gennaio 2009

Era mio padre - parte due

Beitung, Contea di Ochalea, 11 Kaldmont 970DI
La sera era calata repentina, come succede sempre quando ci si avvicina all'inverno. La strada che stava percorrendo era una piccola via pavimentata che costeggiava il fianco della collina. Dalla parte esposta era possibile vedere l'insenatura del porto, ed i possenti bastioni a sua difesa che venivano placidamente avvolti dalla foschia spinta dai venti serali provenienti dal mare. Un paio di uomini del posto, indaffarati a riporre la propria mercanzia all'interno del negozio, lo salutarono con un breve inchino al suo passaggio. Sovrappensiero, si accorse quasi all'ultimo dei due uomini nei loro larghi e anonimi indumenti. Giusto in tempo per rispondere velocemente al saluto alla loro maniera. "Ochaleani", pensò, "hanno la disciplina nel sangue. Salutare un uomo in uniforme per loro é spontaneo quanto respirare.". Quel fugace pensiero lo abbandonò con la stessa rapidità con cui era sopraggiunto. La sua mente non poteva fare a meno di rimuginare sulla discussione appena avuta con il legato Lumatobi Dwair. Leggendo la pergamena che gli aveva presentato l'aveva guardato di traverso, come se quella comunicazione fosse una mossa di un piano complesso e articolato, piuttosto che quella semplice richiesta che era.
-Una richiesta di congedo, centurione?-
-Si, signore.- Aveva risposto, mantenendosi sull'attenti, come si conviene.
-Volete la vostra Honesta Missio, quindi.- E aveva lasciato cadere con noncuranza il rotolo sulla ricca scrivania di mogano delle isole Perla.
-Credo di essermela meritata, signore.-
-Certo certo.- Aveva detto con tranquillità. Poi aveva ripreso la pergamena e aveva continuato, piluccandovi informazioni. -Undici anni di servizio effettivo. Di ottimo servizio effettivo. Certo... la faccenda dell'arruolamento sotto falso nome...-
-Ero un ragazzo. A quell'età lo fanno tutti!- Aveva tentato di giustificarsi, ma il legato era andato avanti senza badargli.
-Due anni in quell'inferno dell'assedio di Redstone, poi il passaggio agli equites... qualche anno a Kerendas, eh, con i cavalli ci san fare, i Kerendani.-
-Sono i migliori, signore.-
-Poi qualche altro anno a Traladara, dove siete stato anche primo lanciere.-
-Giusto qualche mese, signore. Il precedente primo lanciere aveva avuto un infortunio.-
-Ed infine venite spedito qua. Un paio di armillae, una corona civica e una serie di promozioni... arrivare alla carica di centurione in poco più di un periodo di ferma non é da molti.-
-Lo so, signore. Mi considero un uomo fortunato.-
-Bene. Perché volete lasciare la legione?- Aveva detto, facendosi diretto tutto ad un tratto, piantandogli addosso quegli occhi incredibilmente scuri che hanno gli abitanti delle isole. -Siete un soldato molto utile all'impero, Meridion. Potreste aspirare a grandi traguardi.-
-Signore, il fatto é che... signore...- A quel punto aveva ceduto. -Ho una famiglia e... l'impero é grande... troppo grande.-
-Capisco.- Aveva solamente risposto il legato. Continuava a pensare a quel "Capisco" come l'incipit della frase non detta: "Capisco che per voi sia più importante la famiglia che l'impero.". Dopo quella piccola pausa, il legato aveva chiuso rapidamente.
-La richiesta é accolta. Consideratevi congedato a partire dai primi di Vatermont. Avrete la vostra Honesta Missio, la provvisione di 2500 lucini e il titolo di Cavaliere. Come saprete, il titolo non è ereditario.-
Non avrebbe voluto chiudere così la sua carriera. La legione gli aveva dato molto. Ma era altresì straziante pensare di legare i propri affetti alle licenze. Prima Asterius, e poi Vanya, l'avevano ispirato durante la sua vita, ma alla fine Valerias aveva vinto. Con quest'ultima teologica riflessione si trovò di fronte all'ingresso della caserma. Il legionario di guardia, pigramente appoggiato alla sua lancia d'ordinanza, si raddrizzò di colpo alla vista del suo pettorale argenteo da graduato. Poi, riconoscendolo, gli comunicò:
-Signore, il decurione Lindberg mi ha chiesto di riferirvi di raggiungerlo al magazzino vettovaglie quando foste tornato.
Questo era inaspettato. Cosa voleva, il vecchio Wulf?
Si congedo da legionario e si diresse deciso verso il magazzino. Wulf era uno dei commilitoni a cui era più legato, anche se le loro carriere avevano preso strade diametralmente opposte. Tanto regolare e disciplinata la sua, quanto creativa e estemporanea quella dell'amico. Si erano conosciuti sulla nave che da Città di Thyatis li avrebbe portati a Redstone. Il paffuto hattiano lo colpì subito per l'innata simpatia e carisma. Caratteristiche che lo distanziavano di parecchie leghe dal classico stereotipo della sua gente. Pare fossero proprio queste sue qualità che spinsero il padre ad arruolarlo forzatamente, nella speranza che il rigore militare riuscisse a raddrizzare il fin troppo gioviale figlio. Una volta giunti a Redstone, divenne lampante che nessun valente guerriero si celava nel giovane Wulf. Insofferente agli ordini, in affanno durante le lunghe marce, distratto quando veniva insegnata l'arte del gladio. Il suo ruolino aveva cominciato da subito a riempirsi di richiami e provvedimenti. Malgrado ciò, non si lamentava mai della vita al campo e sembrava sempre aver la battuta giusta per alzare il morale dei propri compagni o per suscitare la loro ilarità, cosa che lo rese ben presto molto popolare. La svolta, per lui, arrivò nelle fasi iniziali dell'assedio alphatiano. Una delle incursioni del nemico, pur se respinta, riuscì a volatizzare nel nulla metà del magazzino rifornimenti e il decurione suo responsabile. All'epoca Wulf si era fatto un nome tra la truppa come quello che sapeva sempre tutto di tutti, e che era in grado di rimediare beni non-regolamentari con una certa facilità. L'inflessibile tribuno Akrionigon, non avendo graduati da poter "sprecare" per tale mansione, elesse Wulf a responsabile degli approvigionamenti, pensando che se era bravo clandestinamente, lo sarebbe stato ancor di più in via ufficiale. L'intuizione si rivelò pienamente azzeccata. Nel giro di un paio di settimane i magazzini erano di nuovo pieni. E continuarono immancabilmente ad esserlo da lì in poi. L'amico gli rivelò in seguito che aveva sfruttato degli antichi tunnel, che dal forte sbucavano dietre le linee nemiche, e uno stormo di piccioni viaggiatori per coordinare i suoi contatti. Come sempre gli alphatiani, ossessionati dalla magia, non avevano pensato a contrastare i mezzi più semplici. L'abilità dell'hattiano si rivelò fondamentale, permettendo al forte di resistere all'assedio per più di due anni. Quando le truppe imperiali tornarono a ricacciare indietro gli alphatiani, trovarono l'aquila garrire sopra Redstone. Akrionigon propose Wulf per una promozione a più alti incarichi, ma lui accettò solo il grado, chiedendo di continuare con la sua mansione. Da Redstone furono poi trasferiti in luoghi differenti. Continuarono a sentirsi saltuariamente finchè non si ritrovarono di nuovo a Ochealea. Lui nel frattempo gli era diventato superiore in grado, anche se, si accorse ben presto, molte cose a Beitung si muovevano solo col consenso del suo vecchio amico.
Perciò non si stupì più di tanto quando, al suo ingresso, trovò un ambiente più consono ad una taverna che ad un magazzino militare. Il locale era illuminato da parecchi lumi a olio. Le scaffalature erano state spostate per lasciare più spazio al centro dove erano stati posizionati alcuni tavoli. L'aria era satura di fumo e, intorno ai tavoli, gruppi di legionari di vario grado si sfidavano a carte o ai dadi. L'amico era seduto al tavolo più lontano dall'ingresso, seduto su una comoda poltrona, intento a sorseggiare qualcosa con una mano, mentre con l'altra sorreggeva una graziosa donzella locale che gli sedeva sulle ginocchia. Dall'altro lato del tavolo sedeva un altro ufficiale, mai visto prima, anche lui accompagnato da una fanciulla, e apparentemente molto assorbito dalla stessa. Wulf lo notò quasi subito, facendogli cenno di avvicinarsi.
-Ehilà, Livius! Vecchio mio! Come va?- Negli anni Wulf aveva fatto di tutto pur di perdere il suo accento hattiano. Indisponeva la gente, diceva.
-Bene. Tu, piuttosto, quando ti è venuto in mente di trasformare questo posto in un lupanare?- Rispose con fare sardonico.
-Amico mio, mi offendi!- Fece in modo teatrale lui -E offendi le due signorine! La cui presenza in questo luogo è unicamente da addebitarsi alla ricerca di quello svago che, ahimè, è così poco presente in questa terra-
-Non mi sembrano aver dato molto retta alle mie parole...-
-Perchè non conoscono la lingua, vecchio mio!- Spiegò.
-Sono curioso di vedergliela usare, io.- Aggiunse l'altro graduato, rinforzando con una risata greve.
-Livius.- Riprese Wulf. -Ti presento il decurione Kassuvidis. E' appena arrivato dal continente. Stavamo scambiando due chiacchiere. Perchè non ti unisci a noi?- E indicò col bicchiere una poltrona libera.
Livius si sedette. -Ma niente signorine in cerca di svago.- Puntualizzò.
-Com'é? Thanatos vi ha mangiato il cazzo?- Disse Kassuvidis.
-Oh, no.- Rispose Wulf, divertito. -Lui è sposato.-
-E io che ho detto?- Chiosò l'altro indifferente.
-Qualche novità dal continente?- Fece noncurante Livius.
-Mah...- Attaccò Kassuvidis, scostando un po' la ragazza che teneva in grembo- ...solite cose... qualche schermaglia di poco conto sui confini con gli alphatiani... il senato che parla a vanvera... giusto quella cosa di Machetos...-
-Cos'è successo nel Machetos?- Disse lui con un po' di preoccupazione. Machetos era il suo ducato d'origine e lì viveva tutta la sua famiglia.
-Sentirai che roba, Livius.- Annunciò Wulf.
Kassuvidis proseguì. -Insomma, come già saprai l'anno scorso il vecchio duca tira le cuoia.- Livius annuì con un cenno del capo. -Beh, il suo giovane erede si insedia. Poi, dopo neanche quattro mesi, prende e va a Città, dove chiede udienza all'imperatore. E lì che fa? Propone all'imperatore di scambiare Machetos con Traladara. E l'imperatore, ed è qui la notizia, accetta.-
-Ma non ha senso!- Sbottò Livius dopo una lieve pausa attonita. -Traladara è una terra molto più grande di Machetos. Le risorse certo non mancano. Ma ci vorranno decenni, se non secoli, per civilizzarla al suo pari. Quel ragazzo è uscito fuori dalla grazia di Asterius.-
-Oh, ma il giovane duca ha fatto bene i suoi conti. Ha preteso e ricevuto piena autonomia dall'impero.- Ribattè Kassuvidis.
-Piena autonomia? Questo vuol dire che...-
-Esatto. Un proprio esercito, proprie leggi e, soprattutto, niente tributi da versare all'impero.- S'intromise Wulf. Sul suo volto campeggiava un sorriso di soddisfazione come se lui ne avesse qualcosa da guadagnare.- Mi sembra un affare geniale!-
-Non lo so.- Riprese Livius, ormai rivolgendosi solo a Wulf, dato che l'altro era tornato a prestare tutta la sua attenzione alla fanciulla con gli occhi a mandorla. -L'imperatore adesso può gestire direttamente le ricchezze del Machetos. Traladara, pur se autonoma, rimane una scommessa. Oltretutto, andando da soli, perderanno tutta la struttura di governo imperiale.-
-Ma é proprio qui che viene la parte migliore, vecchio mio. Il duca ha emesso un editto in cui invita ufficialmente nobili di buona volontà a seguirlo nella sua nuova terra. E per stimolare suddetta volontà offre terre e titoli in misura maggiore di quelli di partenza.-
-Sul serio?- Chiese Livius, che cominciava già a rimuginare sulle notizie appena ricevute.
-Proprio così. Insomma, non è interessante? Soprattuto per un neo-cavaliere come te.-
-Ma come fai a saperlo?-
-Mi stupisce che un uomo di mondo come te se lo chieda ancora. - Lo schernì. - Allora?-
-Non sono stato niente male durante la mia leva laggiù. Sì, forse Traladara offre opportunità migliori per il futuro della mia famiglia.-
-Allora proporrei un brindisi...- Dal nulla si materializzò un legionario che porse a Livius un calice pieno dell'identico liquido dell'amico. Livius lo prese, quasi rischiando di farlo cadere per la sorpresa.
-A Traladara?- Chiese.
-No. A Karameikos!-