domenica 26 ottobre 2008

Era mio padre - parte uno

Contea di Redstone, 13 Sviftmont 959DI
Le assi scricchiolavano sotto i calzari imbottiti del generale. Lentamente, avanti e indietro, camminava sul palco, passando in rassegna con i suoi occhi inclementi la truppa. Ogni passo un lamento legnoso, e uno sguardo penetrante negli occhi di qualche legionario. Una brezza sostenuta spazzava il piazzale della roccaforte. Aria umida, provenienti dal mare. Anche se l'oceano era distante parecchie miglia, in mezzo non c'era null'altro che verdi brughiere e il vento perciò arrivava con tutto il suo freddo carico a gelare le ossa, apparentemente indifferente alle imponenti mura del castello. Le nubi, ben più in alto, sembravano non essere influenzate per nulla da tutto ciò. Immobili coprivano ogni spicchio di cielo, lasciando filtrare solo una luce grigia accecante. Se fosse il sole, più su, a generare la luce originaria, poi, era pura congettura immaginarlo. Da mesi, non se ne aveva traccia ad occhio nudo.
Un lamento del palco si strozzò a metà. Il tribuno Akrionigon si era fermato. Gambe divaricate, una mano sul fianco e l'altra a reggere l'elmo piumato. Dietro di lui l'enorme e leggendaria torre del Conte. Se non fosse stato per la posizione sopraelevata si sarebbe potuto pensare che avesse intenzione di sfidare tutta la guarnigione da solo. E che avesse ottime possibilità di vincere.
-Legionari! - Cominciò con una voce che sembrava potesse affettare l'aria. -Molti di voi sono qui come primo assegnamento. Da qualunque terra dell'impero veniate, avete deciso di arruolarvi, e siete stati mandati qua per diventare non comuni soldati, ma Legionari di Thyatis. Il più potente esercito del mondo.-
Concluse il preambolo con una pausa. Poi riprese.
-Come cittadini dell'impero sapevate che avreste ricevuto un addestramento rigoroso, severo, faticoso. Il giusto prezzo per diventare degli uomini migliori, pronti a portare la civiltà in nome dell'imperatore in terre sconosciute e, magari, diventare degli eroi...-
Lascio cadere l'ultima parola con una certa noncuranza. Come a intendere che non avesse molta importanza nel suo personale vocabolario.
-C'è una storia che qua tutti conoscono. La storia di questo castello. E tutti la conoscono perchè io ho imposto che la debbano conoscere. Ma qualcuno tra di voi è qui da talmente poco tempo che ha dovuto addirittura mettersi l'armatura di fretta per questa adunata, figuriamoci conoscere la storia...-
Il commento suscitò una pletora di lievi clangori metallici e brevi sussurri da parte di numerosi legionari sentitisi chiamati in causa. Lacci si strinsero con un gesto, corpetti si raddrizzarono e petti si estroflessero un po' dovunque.
-Il forte Zendrolion non porta il nome del Primo Imperatore a caso. Lo fece erigere lui stesso, qui, a Redstone, solo due anni dopo la grande liberazione. Una fortificazione ineguagliabile per grandezza e resistenza. Era il simbolo dell'intraprendenza e del valore thyatiano che non solo era riuscito a cacciare il tiranno, ma l'aveva inseguito fino all'isola dell'Alba, liberando gli altri popoli schiacciati dall'infame giogo alphatiano e accogliendoli in seno all'impero.-
Prese fiato. Era chiaro che la parte importante stesse arrivando.
-Da allora, i confini sull'isola sono mutati molteplici volte. Ma il castello di Redstone non è mai caduto. Ripeto: mai caduto. Mai! E sapete grazie a chi? Ai generali? Agli imperatori? A dei grandi eroi? No! Alla Legione!
Ora, i tiranni stanno tornando. Hanno aspettato con la testa abbassata dietro il confine per colpirci quando meno ce lo saremmo aspettato. Porto dell'Ovest è caduta due giorni fa. Il comando non risponde. I nostri esploratori confermano che unità alphatiane hanno valicato i confini di Dunadale. Domani, al massimo, saremo circondati.-
Ancora una pausa. Poi la voce riprese sferzante.
-Adesso, c'è un comportamento da uomini e uno da legionari. L'uomo è solo, l'unica cosa che per lui conta è sè stesso. L'uomo sogna la gloria, ma in quanto fine personale, essa è effimera e circoscritta. L'uomo valuta tutto in base al suo tempo limitato. Un uomo non avrebbe problemi ad accettare di entrare nella storia come uno di coloro che hanno lasciato che forte Zendrolion cadesse pur di avere la possibilità di vedere la prossima battaglia.
Il legionario, invece, non è mai solo. Egli è nella Legione. Egli è la Legione. Per il legionario conta l'impero. La gloria che cerca è una grandezza collettiva, perciò eterna. Il legionario non potrebbe accettare che il forte venga preso, poichè questo sarebbe una mancanza verso ogni cittadino dell'impero, un disonore nei confronti di tutti i legionari che l'hanno preceduto e che hanno ritenuto più importante lasciare ai posteri una vita da liberi cittadini piuttosto che il loro nome.-
A quel punto, li aveva tutti. Ogni singolo sguardo su di sè, e il suo inchiodato su tutti.
-Quindi, di fronte agli Immortali, vi chiedo: volete essere uomini o legionari?-
La guarnigione non ebbe un attimo di esitazione. Tutti, dal veterano al ragazzo con l'elmo di un taglia più grande, sarebbero stati Legionari, soldati del più potente esercito del mondo.

-Ke crante uomo il cenerale! Gliela faremo federe a quelle femminucce alphatiane.- Il greve accento hattiano sembrava non riuscire a dissipare l'allegria del rotondo giovane dai capelli color paglia. Il corpetto metallico tratteneva a stento le sue forme, ma non pareva impacciarlo alcunchè. L'adunata era stata appena sciolta, e si rivolgeva al suo compagno con cui tornava alle camerate. L'altro, leggermente più alto e decisamente più snello, era un classico thyatiano: pelle olivastra, capelli castani, occhi scuri. Adesso quegli occhi portavano un velo di preoccupazione, indifferente all'ottimismo dell'amico.
-Non so, Wulf.- Disse. -Magari aveva ragione mio padre. Sarei dovuto diventare un commerciante di cavalli. Come lui.-
-Ach! E troppo tardi. Gli inkantesimi alphatiani ti hanno trasformato in un cagasotto!-
-Bada a come parli! Scometto quello che vuoi che abbatterò uno dei loro maghi prima di te!-
Wulf, soddisfatto del nuovo vigore dell'amico, si permise un ghigno.
-Affare fatto! Kua la mano, Livius!-

Nessun commento: